L’indicazione dello stabilimento di produzione, nelle etichette dei prodotti presenti nei supermercati, è importante perché i marchi italiani nelle mani di gruppi
stranieri sono parecchi e sono destinati ad aumentare sia per “l’appeal” del
“made in Italy” nel mondo, sia per la recessione economica.
Il
fenomeno non è di per sé negativo, al di là dei patriottismi, nella misura in
cui gli acquirenti stranieri siano in grado di mantenere e sviluppare in Italia
le politiche industriali. Il vero problema è costituito dai gruppi che – con un
bel marchio italiano in tasca, magari pure una sede legale in Italia –cercano
e/o riescono a mandare tutti a casa e delocalizzare la produzione
all’estero, continuando a vendere i prodotti con marchi italiani. In questi
casi non si tratta solo di un trasloco dello stabilimento ma c’è qualcosa di
più che cambia. In buona sostanza, quando lo stabilimento trasloca il
cibo perde completamente la sua identità di “Made in Italy”. Il consumatore poi
non ne sa nulla, a meno che qualcuno si prenda la briga di informarlo. Le
politiche industriali e fiscali di altri Stati membri hanno già attratto
Ferrero e Perfetti Van Melle tra Lussemburgo e Olanda. Ma c’è dell’altro, e
basta leggere le cronache degli ultimi mesi per rendersene conto.
–
Nestlé, marchio Buitoni. Contorni sfuocati sul destino dello stabilimento di
Sansepolcro (AR), mentre il colosso svizzero concentra in Germania gli
investimenti sulla produzione di pizze surgelate con nomi che – giusto a
proposito – richiamano la Toscana
–
Nestlé, marchio Perugina, stabilimento di San Sisto (PG), “sottoscrizione del
contratto di solidarietà avvenuta lo scorso mese di agosto.” [210 addetti,
ndr].
–
Unilever, marchio Algida, a Caivano “Smantellamento industriale: si apre un
caso nella grande fabbrica di Caivano produttrice del famoso gelato. Parte
delle produzioni già dirottate in Inghilterra e in Germania.
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Lactalis, marchi Galbani e Cademartori (oltre a vari altri, a partire da
Parmalat). A febbraio 2014, chiusura dello stabilimento Galbani a Caravaggio
(BG) e del reparto del confezionamento gorgonzola Cademartori d’Introbio in
Valsassina (LC) .
–
Deoleo, marchi Carapelli e Sasso. Chiusura dello stabilimento di Inveruno,
cassa integrazione e licenziamenti a Tavernelle Val di Pesa.
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Campofrio, marchio Fiorucci, salumificio di Pomezia. Cassa integrazione per 250
lavoratori, a seguire licenziamento collettivo di 175 addetti, gennaio 2015.
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Gallina Blanca, marchio Star, stabilimento di Agrate, giugno 2013. Preoccupa il
destino di una fabbrica che ha scritto la storia dell’industria alimentare
italiana.
Sarà
il caso o la curiosa coincidenza, ma tutte le citate operazioni di “riassetto”
sono successive all’entrata in vigore del regolamento (UE) 1169/11. Che con
l’efferata connivenza del governo italiano ha spazzato via l’informazione
obbligatoria della sede dello stabilimento in etichetta.
Auguri!
La lista dei 20 supermercati che indicano lo
stabilimento di produzione in etichetta (faccina verde) e delle 5 catene che
preferiscono tenere nascosto questo particolare (faccina rossa).
Auchan
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Carrefour
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Conad
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Coop
Consilia
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Esselunga
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Eurospin
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Iper
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Lidl
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NaturaSì
Pam
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Selex
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Sigma
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Simply
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U2
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Gruppo VéGé
(prodotti Delizie)
Gruppo C3*
Agorà Network*
Prodotti Primia
*Insegne: Basko, Poli, Tigros,
Iperal
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Sisa
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Picard
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Billa
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Crai
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Despar
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Dico
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LD Market e MD
Discount
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Penny market
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E il tuo dì? Io faccio la spesa al Tuodì.
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