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venerdì 14 agosto 2015

Etichette e tacchete!

L’indicazione dello stabilimento di produzione, nelle etichette dei prodotti presenti nei supermercati,  è importante perché i marchi italiani nelle mani di gruppi stranieri sono parecchi e sono destinati ad aumentare sia per “l’appeal” del “made in Italy” nel mondo, sia per la recessione economica.
Il fenomeno non è di per sé negativo, al di là dei patriottismi, nella misura in cui gli acquirenti stranieri siano in grado di mantenere e sviluppare in Italia le politiche industriali. Il vero problema è costituito dai gruppi che – con un bel marchio italiano in tasca, magari pure una sede legale in Italia –cercano e/o riescono a mandare tutti a casa e delocalizzare la produzione all’estero, continuando a vendere i prodotti con marchi italiani. In questi casi non si tratta solo di un trasloco dello stabilimento ma c’è qualcosa di più che cambia.  In buona sostanza, quando lo stabilimento trasloca il cibo perde completamente la sua identità di “Made in Italy”. Il consumatore poi non ne sa nulla, a meno che qualcuno si prenda la briga di informarlo. Le politiche industriali e fiscali di altri Stati membri hanno già attratto Ferrero e Perfetti Van Melle tra Lussemburgo e Olanda. Ma c’è dell’altro, e basta leggere le cronache degli ultimi mesi per rendersene conto.

– Nestlé, marchio Buitoni. Contorni sfuocati sul destino dello stabilimento di Sansepolcro (AR), mentre il colosso svizzero concentra in Germania gli investimenti sulla produzione di pizze surgelate con nomi che – giusto a proposito – richiamano la Toscana
– Nestlé, marchio Perugina, stabilimento di San Sisto (PG), “sottoscrizione del contratto di solidarietà avvenuta lo scorso mese di agosto.” [210 addetti, ndr].
– Unilever, marchio Algida, a Caivano “Smantellamento industriale: si apre un caso nella grande fabbrica di Caivano produttrice del famoso gelato. Parte delle produzioni già dirottate in Inghilterra e in Germania.
– Lactalis, marchi Galbani e Cademartori (oltre a vari altri, a partire da Parmalat). A febbraio 2014, chiusura dello stabilimento Galbani a Caravaggio (BG) e del reparto del confezionamento gorgonzola Cademartori d’Introbio in Valsassina (LC) .
– Deoleo, marchi Carapelli e Sasso. Chiusura dello stabilimento di Inveruno, cassa integrazione e licenziamenti a Tavernelle Val di Pesa.
– Campofrio, marchio Fiorucci, salumificio di Pomezia. Cassa integrazione per 250 lavoratori, a seguire licenziamento collettivo di 175 addetti, gennaio 2015.
– Gallina Blanca, marchio Star, stabilimento di Agrate, giugno 2013. Preoccupa il destino di una fabbrica che ha scritto la storia dell’industria alimentare italiana.


Sarà il caso o la curiosa coincidenza, ma tutte le citate operazioni di “riassetto” sono successive all’entrata in vigore del regolamento (UE) 1169/11. Che con l’efferata connivenza del governo italiano ha spazzato via l’informazione obbligatoria della sede dello stabilimento in etichetta.

Auguri!


La lista dei 20 supermercati che indicano lo stabilimento di produzione in etichetta (faccina verde) e delle 5 catene che preferiscono tenere nascosto questo particolare (faccina rossa).
  


Auchan

Carrefour
Conad

Coop
Consilia

Esselunga
Eurospin

Iper

Lidl
NaturaSì

Pam

Selex
Sigma

Simply
U2

Gruppo VéGé
(prodotti Delizie)
Gruppo C3*
Agorà Network*
 Prodotti Primia
*Insegne: Basko, Poli, Tigros, Iperal
Sisa
Picard








Billa
Crai
Despar
Dico

LD Market e MD Discount
Penny market









Fonte: http://www.ilfattoalimentare.it/supermercati-italiani-stabilimento.html

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