fonte http://www.linkiesta.it/mappa-terra-dei-fuochi
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sabato 20 giugno 2015
Terra dei fuochi
In questo breve articolo troverete la cartina della “Terra dei fuochi”, una lingua di terra di 20 chilometri di lunghezza per 20 di altezza tra Napoli e Caserta. E poi le sette aree vaste individuate nella regione Campania e i prodotti a denominazione garantita della zona. Un tesoretto di 13 produzioni Dop, 12 Igp, 4 Docg, 15 Doc, 10 Igt e 335 prodotti tradizionali.
fonte http://www.linkiesta.it/mappa-terra-dei-fuochi
fonte http://www.linkiesta.it/mappa-terra-dei-fuochi
giovedì 18 giugno 2015
Un giro in quinoa
La quinoa è
uno dei “supercibi” più famosi al mondo. Ricca di proteine, fibre e sali
minerali, non contiene glutine.
Valori nutritivi
La quinoa deriva dai semi
dell’omonima pianta, anch’essi commestibili. Tecnicamente non è un cereale, ma
uno pseudo-cereale: le caratteristiche nutritive sono simili, ma la
quinoa non fa parte delle graminacee.
Importantissima
in passato per gli Inca, tanto che credevano fosse “la madre di tutti i
cereali”, la quinoa è originaria del Sud America, anche se negli ultimi decenni
è disponibile pressoché ovunque. In particolare, è facile trovarla in vendita
nei negozi di alimenti naturali e nei ristoranti che usano cibi biologici.
Può essere di tre
tipi, a seconda della colorazione: bianca, rossa e nera.
I nutrienti
più importanti, per 100 grammi di quinoa non cotta, sono così composti:
o
Calorie: 368 g;
o
Carboidrati: 64,16 g;
o
Proteine: 14 grammi;
o
Fibra: 7 grammi;
o
Grassi: 6,07 g;
o
Manganese: 2,033 mg;
o
Magnesio: 197 mg;
o
Fosforo: 457 mg;
o
Folati: 184 µg;
o
Rame: 0,59 mg;
o
Ferro: 4,6 mg;
o
Zinco: 3,1 mg;
o
Potassio: 563 mg;
o
Vitamina B1: 0,36 mg;
o
Vitamina B2: 0,318 mg;
o
Vitamina B6: 0,487 mg;
o
Calcio: 47 mg;
o
Niacina (B3): 1,52 mg;
o
Vitamina E: 2,44 mg.
Inoltre, la
quinoa contiene anche una piccola quantità di acidi grassi omega-3.
Benefici dei flavonoidi e delle fibre
Gli effetti
della quinoa sulla salute vanno ben oltre le vitamine e i minerali normalmente
noti. Ci sono infatti moltissime tracce di sostanze nutritive, alcune delle
quali estremamente sane. Basti pensare ai flavonoidi, ovvero degli
antiossidanti vegetali che manifestano degli effetti interessanti sulla salute.
In particolare, nella quinoa si trovano in abbondante quantità la quercetina e
il canferolo: il
contenuto di quercetina della è addirittura superiore a quello presente nei mirtilli. Queste importanti sostanze
hanno dimostrato di avere effetti antinfiammatori, antivirali, anticancerogeni
e antidepressivi.
Un altro
importante vantaggio della quinoa è il suo altissimo contenuto in fibre.
Soprattutto insolubili, sebbene le solubili non siano assenti, queste fibre si
rivelano utili nel controllare i livelli di glicemia e nella contenzione del colesterolo cattivo.
Ancora, le fibre sono importantissime nelle diete dimagranti: aumentando la
sazietà, riducono il senso di fame e favoriscono, di conseguenza, la perdita di
peso.
Intolleranza
Per le
persone celiache, o comunque intolleranti al glutine,
alimentarsi in modo corretto è una necessità fondamentale. La quinoa è tra
quegli ingredienti naturalmente privi di glutine, insieme
all’amaranto, al miglio e al grano saraceno.
Inoltre, i pazienti celiaci presentano spesso una sostanziale carenza di ferro:
lo pseudo-cereale è anche un’ottima fonte di questo minerale, come alternativa
promettente al frumento.
La quinoa è
infine molto semplice da introdurre nella dieta ed è facile da cucinare, visto
che richiede una cottura di poco più di 20 minuti. Essendo poi molto saporita e
versatile, si adatta a svariate ricette e all’abbinamento con molteplici
pietanze. È fondamentale sempre risciacquarla benissimo per ridurre le saponine,
che si trovano sullo strato esterno e possono avere un sapore amaro e poco
piacevole.
Come
cucinarla?
Personalmente la utilizzo come base per
le polpette al posto del macinato o per fare degli hamburger vegetali. Ottima anche
in insalata.
Auguri.
http://www.greenstyle.it
lunedì 15 giugno 2015
Il mercato mondiale del cibo nelle mani di 10 multinazionali
Associated British Foods (ABF), Coca-Cola, Danone, General Mills, Kellogg’s, Mars, Mondelez International (ex Kraft Foods), Nestlé, PepsiCo e Unilever. Secondo Oxfam sono loro a controllare tutta la filiera della produzione alimentare mondiale.
Un bar, due persone. Sul tavolo una Coca Cola, una Fanta, un po’ di patatine Pringles e un cornetto Algida. Una scena come tante in Italia e nel mondo. In realtà quelle due persone stanno consumando quattro prodotti alimentari che sono controllati solamente da dieci multinazionali. Secondo Oxfam International, una confederazione di 17 organizzazioni non governative che si batte per risolvere il problema della fame nel mondo, la gran parte dei prodotti che arriva negli scaffali dei supermercati di tutto il pianeta appartiene a 10 multinazionali: Associated British Foods (ABF), Coca-Cola, Danone, General Mills, Kellogg’s, Mars, Mondelez International (ex Kraft Foods), Nestlé, PepsiCo e Unilever. Sono queste dunque le Big 10, ovvero le 10 Grandi Sorelle che controllano tutta la filiera della produzione alimentare mondiale e che Oxfam spiega benissimo nell’infografico (foto sopra). Il dossier della confederazione rientra nella campagna Scopri il Marchio (Behind the Brands) che si pone l’obiettivo di confrontare le politiche delle varie aziende e di sfidarle a competere per la miglior performance ambientale e sociale. Nell’ultimo secolo, le potenti aziende del settore alimentare hanno avuto un successo commerciale senza precedenti, accrescendo i loro profitti. Ciò è avvenuto mentre i milioni di persone che forniscono i beni necessari alla produzione – terra, acqua e lavoro – hanno affrontato crescenti difficoltà. Oggi queste persone e le loro comunità, insieme a una crescente fetta di consumatori, chiedono sempre di più alle aziende di rivedere il loro modello di business. In questo rapporto, Oxfam valuta le politiche sociali e ambientali delle 10 Grandi Sorelle del settore alimentare, esortandole ad intraprendere tutte le misure necessarie per dare vita ad un sistema alimentare globale più equo. Ad ognuna di queste aziende “Scopri il Marchio” ha dato un voto, esaminando sette aree cruciali per il raggiungimento di una produzione agricola sostenibile, ma storicamente trascurate dall’industria alimentare: donne, produttori agricoli di piccola scala, braccianti agricoli, acqua, terra, cambiamento climatico e trasparenza. Secondo la classifica, sono Nestlé e Unilever a registrare la performance migliore al momento, avendo sviluppato e reso pubbliche il numero maggiore di policies volte a fronteggiare i rischi sociali e ambientali lungo la catena di produzione. All’opposto, ABF e Kellogg’s hanno adottato poche policies volte a mitigare l’impatto delle loro attività sui produttori e sulle comunità.
Ma la situazione non è comunque positiva. In Pakistan le comunità rurali affermano che la Nestlé stia imbottigliando e vendendo acqua vicino a dei villaggi che non hanno accesso ad acqua potabile. Nel 2009, la Kraft (oggi Mondelez) è stata accusata di acquistare carne bovina da fornitori brasiliani implicati nel disboscamento delle foreste pluviali dell’Amazzonia per far pascolare il bestiame. E oggi Coca-Cola si trova a dover affrontare le accuse di sfruttamento del lavoro minorile nella sua catena di produzione nelle Filippine. Purtroppo, non si tratta di anomalie. Per più di 100 anni le aziende più potenti del settore alimentare si sono servite di terre e lavoro a basso costo per produrre al minimo dei costi e con elevati profitti, spesso a danno dell’ambiente e delle comunità locali in varie parti del mondo. Tutto questo ha contribuito all’attuale crisi del sistema alimentare. Ed è dal punto di vista economico e del profitto che il sistema delle 10 Grandi Sorelle è impressionante: si stima che le entrate collettive giornaliere siano superiori a 1,1 miliardi di dollari, con un giro d’affari di 7mila miliardi, ovvero il 10% dell’economia globale. I dati sono eloquenti anche nel settore dell’inquinamento: le Big 10 hanno immesso nell’atmosfera 263,7 milioni di tonnellate di gas serra nel 2013, e se fossero una nazione del mondo sarebbero al venticinquesimo posto nella classifica dei paesi più inquinanti. La pagella dimostra comunque chiaramente che tutte le 10 multinazionali, incluse quelle con voti più alti, non hanno usato il loro enorme potere per contribuire alla creazione di un sistema alimentare più equo. In alcuni casi queste aziende compromettono la sicurezza alimentare e le opportunità economiche per i più poveri, rendendo ancora più affamati coloro che già soffrono la fame. Infine il dossier rivela che la responsabilità sociale e i programmi di sostenibilità che le aziende ad oggi hanno realizzato sono generalmente poco focalizzati, ad esempio, sulla riduzione dei consumi di acqua o sulla formazione delle donne che lavorano nei campi. Questi programmi non riescono ad affrontare le cause profonde della povertà in quanto le aziende non sono dotate di adeguate politiche volte ad orientare le 4 attività delle loro catene di approvvigionamento.
fonte www.ilcambiamento.it
domenica 14 giugno 2015
Sai che ti dico? Sorgo.
Su suggerimento della mia unica lettrice, da oggi iniziamo a proporre alcuni prodotti che possono essere facilmente acquistati e serenamente consumati. Il costo del prodotto in questione è basso, parliamo di circa € 1,99 per 500 g.
L'invito è sempre quello di considerare quanto potete risparmiare eliminando acquisti inutili e quanto parte di quel risparmio possa comunque essere reinvestito in prodotti sani.
Il sorgo è un cereale che non
contiene glutine, come il mais e il riso. Nelle sue molte varietà è da sempre
coltivato in Africa, dove rappresenta il primo alimento di sussistenza. Lo
troviamo spontaneo in India, mentre in Medio Oriente, America ed Europa ha
avuto la sua diffusione grazie agli arabi.
Il sorgo fa parte della famiglia delle graminacee, è una pianta annuale di
altezza 1-1,5 m nelle varietà da granella e oltre 2 m in quelle da foraggio,
con foglie spesse e rivestite di cera. Il culmo porta una pannocchia compatta a
seconda della varietà; la cariosside è arrotondata nei sorghi da granella,
affusolata in quelli gentili.
Comprende una ventina di specie. Le specie di Sorghum presenti in Italia
sono: il Sorghum halepense (L.) Pers. o sorgo selvatico, presente e comune in
tutto il territorio nazionale ed il Sorghum vulgare (L.) (sin.:Sorghum bicolor)
che è la specie coltivata soprattutto nelle zone collinari dell’Emilia-Romagna
ed in Toscana.
Composizione del Sorgo
Come negli altri cereali, la granella del
sorgo è costituita essenzialmente di amido (intorno al
70%). Il tenore in proteine(10,4% di parte
commestibile) è comparabile a quello del mais (9,2%) e del frumento (10,6%). Il
contenuto in grassi grezzi del sorgo è del 3%, superiore a quello del grano, ma
inferiore a quello del mais; 100 grammi di sorgo forniscono 329 kilocalorie
contro le 358 del mais e le 348 del grano.
Il sorgo è ricco di vitamine del complesso B. Certe cultivar a
endosperma giallo contengono beta-carotene pronto ad essere
trasformato in vitamina A dall’organismo umano. Esso è inoltre ricco in
antiossidanti, che si reputa contribuiscono a ridurre i rischi di cancro,
diabete, disturbi cardiaci. Il sorgo, inoltre, non contiene elementi
biotecnologici che ne facciano un organismo transgenico o geneticamente
modificato
Il sorgo in alimentazione umana
Può essere consumato integrale, ma è ricco di tannini che impediscono
l’assimilazione delle proteine, oppure decorticato per la preparazione di:
·
zuppe e minestre
·
bollito per preparare insalate
·
polenta (sotto forma di farina) e porridge (granella)
·
pane (fatto con farine miste, altrimenti non lievita, oppure aggiunto in
granella cotta), piadine, focacce, prodotti da forno, grissini, torte,
biscotti, ecc.
·
birra
Il sorgo ha un contenuto di grassi molto basso e un gusto
neutro-delicato che permette varie preparazioni in cucina dal dolce al salato.
Dopo averlo mangiato lascia un piacevole senso di sazietà e di leggerezza.
Grazie ad alcune ditte specializzate, che hanno intrapreso, da diversi anni, la
lavorazione del sorgo bianco, è possibile trovare il sorgo bianco decorticato
come quello della ditta Bio-in e in farina da agricoltura biologica per
alimentazione umana e per celiaci anche in Italia.
fonte www.gabriellafrancesconi.it
sabato 13 giugno 2015
Un sacco di frutta
I succhi di frutta sono una tipologia ben definita di prodotto, regolamentata da un
apposito D.P.R. del 1982 e da successivi Decreti Ministeriali (1992 e 1996).
Occorre che il consumatore conosca precisamente il significato dei termini
riportati sulle confezioni, in quanto designano classi di prodotti molto
diversi.
Il termine “spremuta” si
applica solo agli agrumi e indica il succo di agrumi, anche in questo caso con
o senza zuccheri aggiunti.
Altra tipologia simile al succo di frutta è il nettare di
frutta, in cui la percentuale di frutta
scende al 50%, a cui sono aggiunti zucchero e acqua. La percentuale minima di
frutta utilizzata deve comparire con la dicitura “frutta XX% minimo”.
Esistono poi le bevande analcoliche alla frutta, le aranciate e limonate, in cui la
percentuale di succo di frutta scende al 12%. Se risulta inferiore al 12%, si
parla addirittura di bevanda al gusto di…
Risulta chiaro che, volendo conservare l’apporto di frutta, i prodotti
nutrizionalmente più interessanti sono i succhi di frutta e i nettari, mentre
le bevande alla frutta o
al gusto di… sono poco più
che acqua zuccherata.
Nel valutare la scelta dei succhi/nettari di frutta occorre considerare due
aspetti fondamentali: apporto calorico e genuinità degli ingredienti.
L’apporto calorico –
Per la tipologia dei prodotti e la loro appetibilità (sono costituiti
esclusivamente da zuccheri, anche quelli senza zucchero aggiunto!) è facile
bere dai 200-500 ml al giorno o anche più; vista la quantità di succo o nettare
che facilmente si può bere prima di fermarsi, occorre calcolare attentamente
l’apporto energetico e privilegiare quelli meno calorici, che sono poi quelli senza
zucchero aggiunto e non concentrati. Si consiglia il
consumo di succhi di frutta al 100% senza aggiunta di zucchero e non
concentrati, penalizzando quelli con zucchero aggiunto e, conseguentemente,
tutti i nettari di frutta. È da rilevare che
un succo concentrato è comunque un’inutile assunzione di calorie, poco
saziante, anche se molto appetibile. Molto meglio consumare la frutta
corrispondente, dove si può valutare direttamente la qualità e non si perdono
preziose sostanze, in primis le fibre.
La genuinità degli ingredienti – La legislazione vieta l’aggiunta di coloranti; in questo
senso i succhi, escludendo completamente una categoria di additivi, sono più
sicuri delle comuni bevande al gusto di frutta o alla frutta. La quasi totalità
degli additivi utilizzati sono l’acido ascorbico (E300, usato come
antiossidante), l’acido citrico (E330, fino a 5 g/l, come correttore di
acidità), l’acido lattico (fino a 5 g/l), i carbonati di calcio (E170) e i
tartrati di potassio (E336). Tuttavia nel processo di filtraggio del succo è
ammessa la possibilità di utilizzare aromi per esaltare il gusto e di anidride
solforosa per stabilizzare il succo (come avviene per il vino).
L’anidride solforosa non deve essere citata tra gli additivi se la sua quantità
non supera i 10 mg per litro.
Per concludere: acquistare un
prodotto di pessimo valore andrebbe, come sempre, a svantaggio delle buone intenzioni che vi hanno spinto a quell'acquisto, motivo
per cui, piuttosto che bere un pessimo succo da concentrato, è meglio mangiarsi
un sacco di frutta.
Auguri.
fonte http://www.albanesi.it
martedì 9 giugno 2015
"Mi darebbe del cotto senza conservanti per la creatura?" E al bambino vennero i baffi.
Il prosciutto cotto è
una carne conservata,
più precisamente un salume cotto
NON insaccato e parzialmente ricoperto di cotenna.
E’ composto
dalla coscia disossata "vera e propria" del maiale (S. scrofa
domesticus). Spesso il prosciutto cotto viene rimpiazzato da un
prodotto molto simile ma sensibilmente meno pregiato: la spalla cotta
di maiale.
La produzione del prosciutto cotto prevede alcune fasi essenziali: macellazione del suino, lavorazione dell'arto posteriore, cottura a vapore e confezionamento.
Il prosciutto cotto non è tutto uguale; tralasciando la variabilità delle ricette locali, il prosciutto cotto si differenzia ufficialmente in tre categorie ben distinte. A dirlo è il "Ministero delle Attività Produttive" il quale, col Decreto del 21 settembre 2005 (G.U. n. 231 del 04 Ottobre 2005), disciplina la produzione e la vendita del prosciutto cotto in:
-
prosciutto cotto di alta qualità,
-
prosciutto cotto scelto
-
prosciutto cotto
Come
si può notare, la spalla cotta NON rientra nel disciplinare del salume in
oggetto.
Il
prosciutto cotto possiede un notevole vantaggio rispetto ai salumi crudi;
infatti, essendo cucinato, il suo consumo è concesso anche in gravidanza poiché
non esiste il rischio di infestazione parassitaria o tossinfezione
alimentare batterica. Tuttavia, ricordiamo che il prosciutto
cotto apporta discrete quantità di nitrati e
nitriti, molecole che, se introdotte eccessivamente, sono
potenzialmente responsabili della liberazione di nitrosamine tossiche
(coinvolte nei processi di cancerogenesi dello stomaco).
Il
prosciutto cotto contiene inoltre notevoli quantità di cloruro di sodio (sale da
cucina) e additivi alimentari potenzialmente allergizzanti;
per queste due caratteristiche, il prosciutto cotto dovrebbe essere consumato
con particolare moderazione dai soggetti affetti da ipertensione (poiché
il sodio in eccesso peggiora la condizione patologica) e addirittura evitato da
quelli sensibili a certe molecole, come ad esempio gli intolleranti
al lattosio o gli allergici
alle proteine del latte.
Dal punto di vista salino, come menzionato sopra, il prosciutto cotto è ricco di sale aggiunto, quindi di sodio; non mancano potassio, ferro e fosforo. Per quel che concerne le vitamine, il prosciutto cotto apporta buone quantità di quelle del gruppo B (tiamina, riboflavina e niacina).
Additivi del prosciutto cotto
Il
prosciutto cotto, essendo una carne conservata, non può prescindere
dall'aggiunta di molecole conservanti;
tra queste, alcune sono puramente naturali (come il sale della salamoia), mentre
altre sono registrate nell'elenco degli additivi
alimentari.
I
conservanti più utilizzati nel prosciutto cotto sono i nitriti e i
nitrati (E240-E259) ma non mancano glutammati (E620-629), polifosfati (E450-459), latte in
polvere e/o caseinati, e ascorbati (E300-E309).
Nitrati, nitriti e nitrosamine
Nitrati, nitriti e nitrosamine sono composti
costituiti da azoto (N) e ossigeno (O). Le piante impiegano azoto per
sintetizzare le proteine necessarie alla loro crescita, assorbendolo dal
terreno direttamente sotto forma di nitrato oppure associato ad altre sostanze.
La concimazione sistematica e intensiva dei suoli
coltivati (con sostanze chimiche ma anche con fertilizzanti naturali) causa un
eccesso di nitrati nel terreno, nelle falde freatiche e negli alimenti
(soprattutto frutta e verdura). Attraverso le acque di falda e i cibi, i
nitrati giungono anche all'organismo umano, dove viene trasformato in altri
composti (nitriti, nitrosamine). Tali composti sono nocivi per la salute umana.
Nitrati
L'uomo assume nitrati principalmente attraverso
l'acqua potabile e le verdure. Il nitrato di per sé è innocuo. In determinate
circostanze (lunghi tempi di conservazione, calore, pH acido) può però
trasformarsi in nitrito, dagli effetti tossici. L'assunzione di nitrati
andrebbe perciò limitata il più possibile. La loro concentrazione negli ortaggi
dipende da vari fattori:
- Maggiore è l'aggiunta di azoto nel
terreno e la quantità di concimi in eccesso rispetto al normale
fabbisogno, più elevato è il contenuto di nitrati nelle verdure e
nell'acqua potabile. In proporzione, gli ortaggi da colture
"alternative" contengono perciò meno nitrati.
- Le piante hanno bisogno di luce naturale
per impiegare i nitrati nella sintesi di proteine necessarie alla loro
crescita. Maggiore è l'esposizione dei vegetali ai raggi solari, minore è
il loro contenuto di nitrati.
In altre parole:
- gli ortaggi coltivati in pieno campo
contengono meno nitrati di quelli prodotti in serra,
- le verdure estive contengono meno
nitrati di quelle invernali
- gli ortaggi raccolti dopo il tramonto
contengono meno nitrati di quelli raccolti la mattina.
I vegetali accumulano nitrati in misura diversa.
Esistono perciò ortaggi a basso, a medio e ad alto contenuto di nitrati.
Ortaggi ad alto contenuto di
nitrati:
lattuga, cavolo rapa, lattuga cappuccina, crescione, bietola da costa,
ravanello, rafano, rabarbaro, rapa rossa, spinacio
Ortaggi a medio contenuto di
nitrati:
cima di rapa, indivia, finocchio, cavolo riccio, sedano, cavolo bianco, cavolo
verza, zucchino
Ortaggi a basso contenuto di
nitrati:
melanzana, fagiolino, cavolfiore, broccolo, cicoria, pisello, cetriolo, patata,
germogli, carota, peperone, funghi, porro, cavoletto di Bruxelles, cavolo
rosso, radice amara, asparago, pomodoro, cipolla.
Anche la distribuzione dei nitrati nell'ortaggio è variabile, con concentrazioni più elevate nei gambi, nelle costole, nelle foglie esterne e nella scorza.
Consigli
- Limitate il consumo di verdura ad alto
contenuto di nitrati, specialmente nei mesi invernali.
- Acquistate preferibilmente verdura
fresca di stagione, proveniente da aziende biologiche
"certificate".
- Eliminate gambi, costole fogliari e
foglie esterne dagli ortaggi ricchi di nitrati e gettate via l'acqua di
cottura (anche se ciò significa perdere preziose vitamine e sostanze minerali).
- Non acquistate ortaggi coltivati in
serra.
- Nel vostro orto evitate i concimi
chimici! Un buon compost maturo e interventi mirati danno vitalità al
terreno, favorendo una crescita sana e vigorosa delle vostre piante.
- Raccogliete gli ortaggi preferibilmente
la sera anziché la mattina.
Nitriti
In determinate circostanze i nitrati si trasformano in
nitriti. Questa reazione può avvenire nel terreno, nell'acqua potabile, negli
alimenti e nell'organismo umano. I nitriti sono sostanze tossiche; legandosi
all'emoglobina (la proteina del sangue che trasporta l'ossigeno ai tessuti)
ostacolano l'ossigenazione. Particolarmente a rischio sono i neonati, nei quali
la scarsa ossigenazione può causare difficoltà respiratorie e, in casi estremi,
asfissia (morbo blu).
Nitrosamine
I nitriti e le ammine possono
combinarsi dando origine alle nitrosamine, che sono composti cancerogeni. Le
ammine sono presenti nei prodotti alimentari contenenti proteine (carne,
salumi, formaggi). Il nitrito è un componente del salnitro impiegato nella
preparazione degli insaccati per esaltare il colore e il sapore della carne. Il
nitrito si forma anche nelle verdure ad alto contenuto di nitrati. La
trasformazione dei nitrati in nitriti può avere luogo negli alimenti, durante
la loro preparazione o all'interno dell'organismo umano. Riassumendo, le nitrosamine sono
presenti in quantità elevata specialmente nella carne sotto sale e negli
insaccati. Evitate di cuocere ai ferri o di arrostire la carne sotto sale,
poiché il calore accresce il suo contenuto di nitrosamine. Evitate di gratinare
eccessivamente affettati e formaggi (il prosciutto e il formaggio sul toast o
sulla pizza).
Concludendo
Purtroppo dal dopoguerra in poi si è diffusa la
pratica dell'utilizzo di additivi chimici, tra cui i pericolosi nitriti, dato
che in caso contrario sarebbe stato arduo per l’artigiano commercializzare un
prodotto di colore grigio … ovvero il colore della carne cotta.
L’aggiunta di nitriti, però, consente anche di
produrre salumi utilizzando scarti di lavorazione come le rifilature dei
prosciutti, acquistati da diversi salumifici.
Ma qual è il motivo dell’uso smodato di queste
sostanze?
Come già accennato, la ragione principale è quella di
preservare il colore rosso della carne: paradossalmente il consumatore è
attratto dai salumi cotti di colore rosa, il colore della carne cotta
addizionata con nitriti.
Ma
perché sono così tossici per la salute dell’uomo?
I consumo di insaccati con conservanti è una della
cause accertate di cancro allo stomaco. Consumare carni lavorate e insaccati
aumenta del 29% il rischio di sviluppare il cancro alla vescica: a suggerirlo è
uno studio pubblicato su Cancer dai ricercatori del National Cancer Institute
di Rockville (Usa) guidati da Amanda Cross, da questi studi è emerso che a fare
la differenza sarebbe il quantitativo di nitriti e nitrati contenuti nelle
carni processate. Infatti, soggetti che tramite l`alimentazione assumevano la
più alta quantità di nitriti (da tutte le fonti e non solo da carne e
insaccati), così come quelli la cui dieta prevedeva l`assunzione elevate
quantità di nitrati e nitriti dalle carni lavorate, hanno fatto registrare un
rischio di sviluppare il carcinoma della vescica maggiore del 28-29% rispetto a
coloro che ne consumavano quantità più basse.
E ancora, il consumo di insaccati conservati con
nitriti può ridurre le funzioni respiratorie del 3%, una sensibile
compromissione che potrebbe avere preoccupanti effetti in soggetti che
presentano già patologie anche leggere come le bronchiti. Inoltre, i nitriti si
legano all'emoglobina ossidandola a metaemoglobina, riducendo quindi il
trasporto di ossigeno ai tessuti. Questa circostanza è particolarmente
pericolosa per i neonati (che assorbono una maggior quantità di nitriti), ai
quali infatti non vengono somministrate verdure ricche di nitrati fino
all'ottavo mese di vita.
Auguri.
http://interno18.it
http://www.my-personaltrainer.it
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