Ingrediente
indispensabile in cucina per la preparazione di pasta, pane, prodotti da forno
e altre ricette, la farina rientra a pieno titolo nel paniere di beni che non
possono mancare mai nella nostra dispensa.
Nell’uso comune si fa
generalmente riferimento alla farina di grano o frumento (Triticum
sativum), un antichissimo cereale appartenente alla famiglia delle
Graminacee, coltivato fin dal neolitico, che produce spighe i cui frutti
(cariossidi) vengono macinati per ottenere farina.
Il
grano macinato contiene due proteine: la gliadina e la glutenina, che quando
entrano in contatto con l’acqua fanno reazione e formano il glutine,
una proteina complessa, che permette di avere un impasto compatto ed elastico
che favorisce la lievitazione.
Esistono
diversi tipi di farine e la loro classificazione avviene in
base a 3 parametri:
-
la tipologia di grano macinato
-
il grado di raffinazione
-
la forza
In base al primo parametro
il termine farina serve ad indicare di solito quella
di grano e in particolar modo quella di grano tenero,
mentre si usa la parola semola per indicare la farina
di grano duro.
Ma
esistono anche altri tipi di farina:
di mais, di orzo, di farro, di riso, di avena,
di segale, di kamut, di ceci ed altri legumi, di frutta a guscio,
di castagne, di tuberi.
Come detto, la farina si
ricava dalla macinazione dei chicchi di grano e successiva separazione delle
impurità. Il processo di separazione delle impurità si chiama processo di
setacciatura o “abburattamento” (che indica la percentuale, in peso, di farina
che si estrae da 100 parti di cereale, eliminando crusca e cruschello) e a
secondo del suo grado si ottengono farine più o meno raffinate.
In
base al grado di raffinazione della farina
di grano tenero la legge italiana prevede cinque tipologie:
Farina integrale :
nessun abburattamento 100%
Farina 2 : grado di
abburrattamento 88%
Farina 1 : grado di
abburrattamento 80%
Farina 0 : grado di
abburrattamento 72%
Farina 00 : grado di abburrattamento 50%
Le farine abburrattate non
contengono germe di grano e contengono crusca in ragione sempre minore quanto
maggiore è il grado di abburrattamento.
L’eliminazione
del germe consente di allungare il termine di scadenza della farina (in quanto
la presenza del germe, contenendo lipidi, comporta il processo di
irrancidimento dei grassi) ma la
priva, quanto più alto è il grado di abburrattamento, di principi nutritivi
come proteine, sali minerali e vitamine.
Dal punto di vista nutrizionale,
quindi, è sempre meglio utilizzare la farina più grezza.
Alcune dovute riflessioni
Da quanto esposto risulta
evidente che la farina più utilizzata negli impieghi casalinghi è la farina 00
che si ottiene attraverso la macinazione industriale del chicco di grano
che comporta l’eliminazione del germe di grano (ovvero
il cuore nutritivo del chicco, che contiene aminoacidi, acidi grassi, sali
minerali, vitamine del gruppo B e vitamine E) e della crusca (la
parte più esterna, particolarmente ricca di fibre). Tutto ciò porta a un impoverimento
della materia prima: da questa macinazione si ottiene infatti
una farina raffinata, che si mantiene a lungo, ma risulta terribilmente
depauperata e ricchissima di zuccheri.
Come sostiene il professor Franco
Berrino – ex direttore del Dipartimento di medicina predittiva
e per la prevenzione dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e
consulente della Direzione scientifica – l’uso abituale di questo tipo di
farina raffinata porta inevitabilmente a effetti negativi sull’uomo: “La
farina 00 – come tutti i prodotti raffinati – provoca
un aumento della glicemia e il conseguente incremento
dell’insulina, fenomeno che nel tempo
porta ad un maggior accumulo di grassi depositati“.
Ancora peggio se parliamo
di farina 0 usata per preparare il pane
integrale, alla quale viene aggiunto
un derivato della crusca rimacinata a privata delle sue proprietà.
In
mancanza di tempo o spazio per macinare in casa il nostro grano possiamo
comprare una farina macinata a pietra, evitando le farine raffinate tipo 0 / 00.
Auguri!
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