.

.

giovedì 28 maggio 2015

Riconsolamose co' l'ajetto?

L'Unione europea ha assegnato all'aglio cinese Jinxiang il riconoscimento Igp. Ma le associazioni italiane non ci stanno e insorgono.



Se la maggior parte dei consumatori è avvezza ad aver a che fare con prodotti Igp (dai vini agli ortaggi, dai salotti televisivi ai banchi del supermercato), non tutti sanno che questo prestigioso riconoscimento di qualità può essere assegnato dall'Unione europea anche a prodotti non europei, nell'ottica di rendere compatibile la sua normativa con le richieste dell'organizzazione mondiale del commercio (Wto) e per facilitare gli scambi tra le diverse piazze commerciali.

L'aglio cinese è Dop
Non deve quindi stupire la notizia che la Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea (serie l numero 285 del 1° novembre 2011) ha pubblicato l'iscrizione dell'aglio cinese Jinxiang Da Suan nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette.
La notizia non ha mancato di creare allarme tra i produttori italiani, già minacciati dal colosso orientale.
I cinesi, infatti, sono i più grandi consumatori e produttori di aglio a livello mondiale. I dati parlano chiaro: nel 2010 l'Italia ha importato direttamente dalla Cina quasi 2,5 milioni di chili di aglio, con un notevole +18% nei primi sette mesi del 2011 (dati Coldiretti). In Italia la produzione di aglio interessa oltre 3000 ettari di terreno, per una produzione attorno ai 30 milioni di chili e di conseguenza i consumi sono soddisfatti per quasi il 50% dalle importazioni.
I dati però non tengono conto delle 'triangolazioni' commerciali, spesso usate per modificare l'origine del prodotto e non pagare i dazi, con perdite al fisco per milioni di euro e, aggiunge Coldiretti, "danni ai produttori comunitari di aglio".

Le eccellenze italiane
A rischio ci sono infatti i tanti agli che sono vere e proprie eccellenze, conosciute e apprezzate in tutto il mondo e celebrate dai ricettari culinari: l'aglio rosso di Sulmona e l'aglio polesano, l'aglio bianco di Vessalico, l'aglio dell'Ufita, l'aglio di Molino dei Torti, l'aglio di Resia, l'aglio Massese, gli agli rossi di Castelliri, di Nubia, di Proceno, il maremmano e l'aglio di Monticelli sono solo alcuni esempi delle specialità offerte sul territorio nazionale.
Ma se l'Italia gioca le proprie carte sulla qualità, per quanto riguarda la quantità la proporzione è a dir poco schiacciante: sempre secondo i dati di Coldiretti, la produzione cinese che potrebbe essere commercializzata con marchio comunitario Igp è pari a cinque volte il totale della produzione comunitaria.

...questione di sicurezza alimentare
Non è solo una questione di numeri, però: a preoccupare è anche la sicurezza alimentare di milioni di consumatori: oltre a essere stata spesso al centro di denunce dell'Olagf, l'Ufficio anti-frodi dell'Ue per le 'triangolazioni' commerciali ricordate da Coldiretti, nel 2010 la Cina ha conquistato anche il triste primato nel numero di notifiche per prodotti alimentari irregolari perché contaminati dalla presenza di micotossine, additivi e coloranti al di fuori dalle norme di legge, da parte dell'Unione europea. "Su un totale di 3.291 allarmi per irregolarità ben 418 (il 13%) - conclude la Coldiretti - hanno riguardato la Cina per pericoli derivanti dalle contaminazioni, dovute sopratutto a materiali a contatto con gli alimenti, sulla base della Relazione sul sistema di allerta per gli alimenti".
"Se per un verso è importante che ci sia un mutuo riconoscimento delle denominazioni di origine tra Unione europea e Cina, rimane il timore per la reazione del consumatore europeo, che potrebbe essere tratto in inganno dal marchio comunitario, scambiando il prodotto cinese per un prodotto dell'Unione europea", conclude Lorenzo Bazzana, responsabile dell'Area economica della Coldiretti.



Fonte: Agronotizie


Nessun commento:

Posta un commento