Verificare la qualità della farina e le
sue proprietà nella fase di impasto, lievitazione e cottura non è una cosa
semplice.
A questo scopo nei molini vengono ormai
effettuate tutta una serie di misure chimiche e fisiche per classificare al
meglio le farine prodotte.
Guardate ad esempio questa scheda
tecnica di una farina:
Che cosa sono tutti quei dati? Visto che
l’hobby della panificazione in casa prende sempre più piede, ho pensato di
entrare un po’ nel dettaglio.
Il Farinografo
Negli anni ’30 venne
inventato il Farinografo di Brabender per registrare
graficamente, su carta tramite un pennino mobile, la fase dell’impasto della
farina con l'acqua. Nel Farinografo la miscela acqua e farina viene impastata
meccanicamente e viene misurata la resistenza opposta dall’impasto in funzione
del tempo.
Il farinogramma ottenuto è utile per
misurare la percentuale ottimale di acqua da aggiungere alla farina per avere
la giusta consistenza, il tempo di sviluppo dell’impasto (diciamo il tempo
minimo di lavorazione necessario per sviluppare al meglio il glutine), la sua
stabilità (quanto tempo di lavorazione può sopportare prima di iniziare la fase
di rammollimento), e l’indice di caduta (in quanto tempo l’impasto perde la sua
consistenza). Farine di bassa qualità non reggono più di 3 minuti di
impastamento mentre farine di qualità eccellente possono reggere anche tempi di
impasto superiori ai 10 minuti. La farina descritta sopra nella figura assorbe
dal 55% al 57% di acqua e ha un tempo di stabilità tra gli 8 e i 15 minuti.
Tempi di lavorazione più lunghi hanno come risultato il rammollimento
dell'impasto.
L’alveografo
Un altro apparecchio,
l’Alveografo di Chopin, inventato nel 1921
da Marcel Chopin, fornisce un indice che viene ormai comunemente utilizzato da
panificatori professionisti e, ultimamente, anche dagli amatori: W, spesso un
po’ impropriamente chiamato forza della farina.
Nell’alveografo viene
soffiata dell’aria nel centro di un disco di pasta di peso e idratazione
standard per produrre una bolla, in modo da simulare l’effetto della
lievitazione, e misurare la capacità dell’impasto di trattenere il gas. Sotto
l’effetto della pressione dell’aria insufflata la bolla si espande sino a
rompersi. Il risultato di questa prova è un Alveogramma, che riporta un
grafico della pressione (P) in funzione dell’estensione (L) della bolla di
impasto.
Dall’area sottesa alla curva si può
calcolare l’energia totale spesa per rompere l’impasto. Questa energia viene indicata
con W (è il simbolo del lavoro, per questo dicevo che è un po’ improprio
chiamarla “forza”) e rappresenta un indice globale di comportamento della
farina. Qui sotto vedete, in giallo e in blu, due alveogrammi tipici.
Il massimo della curva identifica P, che
rappresenta la tenacità del glutine, mentre L rappresenta l’estensibilità: più
è elevata e più l’impasto è estensibile.
Ai fini pratici questi due parametri
vengono combinati, dividendoli tra loro, per calcolare l’indice P/L. Il valore
di riferimento è di 0.5. Una farina per biscotti avrà un valore di W e di P/L
bassi (ad esempio W=100 e P/L = 0.4) mentre una farina per prodotti lievitati
avrà W e P/L alti (ad esempio W=350 e P/L=0.6). Un valore di P/L troppo alto
indica una farina troppo resistente e poco estendibile, di difficile
lavorazione. Al contrario, un P/L troppo basso indica una farina poco
resistente e troppo estendibile
Farine con W tra 90 e 160 sono dette
‘farine deboli’. Hanno un basso contenuto proteico, solitamente 9%, e
vengono utilizzate per produrre biscotti secchi o gallette. Farine con W
compreso tra 160 e 250 hanno una forza media. Sono usate ad esempio per il pane
pugliese o quello francese, per impasti diretti o lievitazioni brevi, per pizze
e focacce.
( grafico tratto dal corso di tecnologia
dei cereali del Prof. Franco Antoniazzi dell'Università di Parma)
In generale più un prodotto richiede
lievitazioni lunghe più serve una farina con un W elevato, in modo da
trattenere meglio l’anidride carbonica prodotta nella fermentazione. Il glutine
è in grado di assorbire acqua per una volta e mezza il suo peso, quindi più è
forte la farina e più è alta la sua idratazione. Si passa da una idratazione
inferiore al 50% per le farine da biscotti sino a valori superiori al 70% per
farine forti.
Farine con un alto W
vengono chiamate “farine di forza” perché oppongono una grande resistenza alla
deformazione del glutine. Con W tra 250 e 310 si ottengono pani come biove o
baguettes. Valori di W tra 310 e 370 si usano per pani particolari o
prodotti a lunga lievitazione come panettoni, brioches e croissant. Esistono
anche farine con valori di W superiori a 400, denominate Manitoba perché originarie di quella regione del Canada. Vengono denominate Manitoba anche se il grano corrispondente è ormai coltivato anche in Europa. Hanno
un alto contenuto proteico e vengono spesso utilizzate in miscela con farine
più deboli per aumentarne la forza.
Purtroppo i valori di W di una farina,
disponibili sui sacchi per uso professionale e sui siti web dei molini, non
sono riportate nelle confezioni ad uso casalingo e ci si deve accontentare del
contenuto proteico: grossolanamente più proteine sono presenti più è forte la
farina, a parità di tipo di farina (00, 0 etc...). La farina integrale contiene
più proteine, provenienti dal germe e dalla crusca, tuttavia non sono tutte
proteine che producono il glutine. È per questo che panificare con la farina
integrale é più complicato.
Volendo preparare dei biscotti dobbiamo
evitare che si formi il glutine, quindi dobbiamo usare delle farine deboli, a
basso contenuto proteico e molto estensibili. Alcune preparazioni prevedono
percentuali di proteine molto basse, attorno al 7%, ed è per questo che la
farina (il cui contenuto proteico è come minimo il 9% per legge) viene
miscelata a dell'amido e il prodotto venduto come "preparazione per torte
e dolci".
Per prodotti lievitati invece abbiamo
bisogno di farine forti. Più é forte una farina e più è lunga la lievitazione e
ricordate che il volume finale del prodotto è correlato al contenuto proteico
della farina.
Qui sotto potete vedere una tabella
riassuntiva di massima (sempre presa dal corso di Tecnologia dei Cereali del
Prof. Franco Antoniazzi, dell’Università di Parma)
W
|
P/L
|
Proteine
|
Utilizzo
|
90/130
|
0,4/0,5
|
9/10,5
|
Biscotti ad
impasto diretto
|
130/200
|
0,4/0,5
|
10/11
|
Grissini,
Crackers
|
170/200
|
0,45
|
10,5/11,5
|
Pane
comune, Ciabatte, impasto diretto, pancarré, pizze, focacce, fette biscottate
|
220/240
|
0,45/0,5
|
12/12,5
|
Baguettes,
pane comune con impasto diretto, maggiolini, ciabatte a impasto diretto e
biga di 5/6 ore
|
300/310
|
0,55
|
13
|
Pane
lavorato, pasticceria lievitata con biga di 15 ore e impasto diretto
|
340/400
|
0,55/0,6
|
13,5/15
|
Pane
soffiato, pandoro, panettone, lievitati a lunga fermentazione, pasticceria
lievitata con biga oltre le 15 ore, pane per Hamburgher
|
Ci sono altri parametri da considerare
parlando di farina di frumento tenero e non abbiamo neanche iniziato a parlare
di lieviti, di amido, di enzimi e della fase di cottura, ma credo che per ora
possa bastare.
Auguri.
Fonte http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2009/01/28/la-forza-della-farina/
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